Nata a Meriden (Connecticut USA) il 22 gennaio 1897
Morta a Pikesville nella contea di Baltimora (Maryland) il 25 maggio 1981
Il suo vero nome era Rosa Ponzillo (cognome originario del casertano)
Figlia Maddalena Conte e Bernardino Ponzillo, emigrati negli Stati Uniti da Caiazzo comune in provincia di Caserta era la più giovane di tre figli.
Inizialmente studia pianoforte, tuttavia ispirata dalla sorella Carmela già in carriera come cantante di cabaret ed essendo pure lei in possesso, per dote naturale, di una bella voce considerata già matura, Rosa inizia a dedicarsi al canto, cantando ballate popolari durante gli intervalli di proiezione dei film muti nei cinema di Meriden e nelle città e cittadine vicine.
Nel 1915 la sorella Carmela che ormai era un’affermata cantante nel genere teatrale “vaudeville”, con l’aito del suo agente inserì nella compagnia anche Rosa formando con lei il “Ponzillo Sisters”. Le due sorelle che in programma avevano ballate, canzoni e brani d’opera, si garantirono da subito un buon successo.
Nel 1918 in seguito a contrasti, si crede economici, le sorelle Ponzillo sciolsero il contratto con il “Keith Vaudeville Circuit”.
Carmela che studiava a New York con William Thorner, portò la sorella dal maestro per un’audizione, che colpito dalla qualità vocale di Rosa invitò, nel suo studio il seppur restio Enrico
Caruso, per avere un giudizio sulle qualità vocali di Rosa, che all’epoca di quell' audizione aveva ventun anni. Il grande tenore napoletano ne rimase talmente colpito che le predisse:
"Tu canterai con me al Metropolitan". Organizzò quindi un'audizione per il General Manager del Metropolitan, Giulio Gatti-Casazza, che offrì a Rosa un contratto per la stagione
1918/1919.
Rosa debutta come professionista al Metropolitan Opera House di New York il 15 novembre 1918, a soli ventun anni, nel ruolo di Leonora in La forza del destino di Giuseppe Verdi (opera che al Metropolitan non era mai stata eseguita) a fianco di Enrico Caruso, Giuseppe De Luca e José Mardones con la direzione di Gennaro Papi e di lì a tre ore decolla verso la celebrità.
Voce di soprano drammatico ricca e completa descritta dai più come una forza della natura, tanto da essere definita "Il Caruso in gonnella", sfrutta le sue eccezionali doti naturali, per dare un determinante contributo al rilancio in grande stile del teatro verdiano, mediante la partecipazione ad opere come Don Carlo (con Didur, Martinelli, De Luca e la Matzenauer), Ernani (ancora con Martinelli, affiancato da Danise e Mardones) e Luisa Miller (con Lauri Volpi, De Luca, Pasero e Ludikar), che erano praticamente scomparse dal repertorio dei grandi teatri.
Importante fu anche la ripresa da parte di Rosa Ponselle, di opere che abbisognavano di una particolare vocalità, come La Vestale di Gaspare Spontini, in cui la Ponselle si affermò per scultorea bellezza di fraseggio, al punto da identificare sé stessa con l’imponente personaggio, lasciandoci alcune testimonianze discografiche che ancor oggi fanno da “metro di paragone”.
La stessa Maria Callas ne resterà impressionata positivamente sarà lei, infatti, che non regalava nulla a nessuno, a pronunciare il definitivo giudizio. "È la più grande di tutte". Questo suo pronunciamento, fa quindi presagire che opere come Norma, ma pure anche Gioconda eserciteranno su Maria Callas l’influenza della vocalità di Rosa Ponselle.
Rosa Ponselle canterà ininterrottamente al Metropolitan in 376 rappresentazioni e in 55 concerti dal 1918 al 1937 in produzioni di: La forza del destino; Cavalleria rusticana; Oberon; nella prima assoluta di The Legend di J. C. Breil e J. Byrne; La Juive; Stabat Mater di Rossini; Aida; Messa Solennelle di Rossini; Don Carlo; Andrea Chénier; Ernani; Le Roy D’Ys di È. Lalo; Guglielmo Tell; L’Africana; Il Trovatore; La Gioconda; La Vestale; Messa da Requiem di G. Verdi; L’amore dei tre Re; Norma; Luisa Miller; Don Giovanni (Donna Anna); La Traviata; La notte di Zoraima di I. Montemezzi; Carmen (ruolo del titolo).
Il tenore Giacomo Lauri Volpi, che le fu accanto in dodici delle ventinove Norma da lei cantate al Metropolitan, nel suo volume “Voci Parallele” non mancherà di notare che:
(…) “anche questa voce solare doveva tramontare nel giro di pochi anni. Non possedeva sicure due note, un semplice tono al vertice di quella gamma così compatta nell’intera estensione: il “si” naturale e il “do” naturale pronti e sostenuti. Tale incertezza le cagionò, col tempo, invincibile panico, una febbre per cui la salivazione cessava, la mente si confondeva. Ciò l’obbligava a sguinzagliare fra le quinte, in ogni angolo, serventi pronte a dare il refrigerio di un sorso d’acqua a quella voce che si sentiva soffocare e venir meno. Le tessiture basate sulla regione acuta l’atterrivano, la disarmavano. Eppure non era una deficienza reale, la sua; ma nervosa, ossessiva. Le note gravi, medie, acute, tutte allineate sulla guida del soffio, costituivano una “stele vocale” granitica per armonici, sostanziosa per vibrazione: insomma un violoncello ch’ella sapeva suonare con abilità tale, da rivelare suprema perfezione di magistero. Ma la volontà che lo suonava non era sicura di sé stessa, per ragioni estranee alla tecnica. L’intelletto non si accordava con il sentimento. E arrivava l’istante in cui la volontà vacillava, la mano si anchilosava.” […]
Questi dubbi e queste incertezze erano talmente radicati nella mente di Rosa, da spingerla continuamente verso un' apparente insicurezza vocale.
Un altro significativo episodio, che svelerà ancor più compiutamente questa sua fragilità, ci è rivelato dal maestro Tullio Serafin nel volume a lui dedicato “Tullio Serafin, il patriarca del Melodramma”
“[…] Rosa Ponselle apparteneva a un'altra categoria: quella delle prime donne spaventate. Soffriva di un terribile timor panico; tutte le volte che doveva affrontare una recita aveva una paura da morire: tanto che, nell'imminenza, per giorni e giorni non riusciva a mangiare. Ne sapeva qualcosa Gatti Casarza, il quale più di una volta aveva dovuto letteralmente buttarla in scena.
La presi sotto la mia protezione. La feci cantare dapprima “La Vestale” nel novembre del 1925, tanto per avvicinarla allo stile belliniano, e fu un gran successo. Poi cominciammo la preparazione quasi giornaliera di “Norma”, che durò la bellezza di un anno e mezzo. Esercizi di canto; poi la musica di Bellini; poi ancora esercizi. E m’accorgevo che il fuoco sortiva a poco a poco di sotto le ceneri, e che la figura dell'infelice sacerdotessa si precisava, in quella voce, austera e appassionata, in tutta la sua tragicità.
Arrivammo così all’anti-prova generale e andò benissimo: era il novembre 1927. ma alla fine fui chiamato nello studio di Gatti Casazza. La Ponselle era là, rannicchiata in una poltrona. Singhiozzava da spezzare il cuore. Vedendomi mi aggredì: “È lei la causa della mia rovina! Ha distrutto la mia voce! È disposto a dichiararsi responsabile della fine della mia carriera? È disposto a subirne le conseguenze?”. E continuava a piangere sconsolatamente.
“La smetta — dissi, in tono burbero ma affettuoso. — Assumo tutte le responsabilità. Ma adesso vada a mangiare!”. Chissà da quanto era digiuna.
La “Norma” andò in scena il 16 novembre. Fu un trionfo; ma non un trionfo qualunque. Si scoprì che la “Norma” è un capolavoro, si gridò al miracolo, di fronte a un'opera che nessuno conosceva. Il genio di Bellini sfolgorò. E per la Ponselle fu la più completa rivelazione. Da quella sera volerlo battezzarla: “Caruso in gonnella”.
Ahimè, Caruso, non c'era più, era morto da sei anni. E in quella definizione, alquanto imprecisa, c'era, insieme con l’ammirazione, anche un po’ di comprensibile nostalgia per “il tenore dei tenori”.
Rosa Ponselle si esibì sporadicamente in Europa.
In Italia (Teatro Comunale di Firenze) nel 1933 nella prima rappresentazione di La Vestale con Ebe Stignani e la direzione di Vittorio Gui (due recite).
E a Londra al Covent Garden durante tre consecutive stagioni dal 1929 al 1931, dove fu impegnata in Norma, La Gioconda, La Traviata, L’Amore dei tre Re, La forza del destino e in Fedra di Romano Romani.
Si sposa con il figlio del sindaco di Barcellona.
Nel 1939 a soli trentanove anni — sebbene le cronache informino che avesse la voce sostanzialmente intatta — Rosa Ponselle abbandona definitivamente le scene e si stabilisce con il marito nella sua casa nei pressi di Baltimora.
Si terrà legata al suo passato di cantante lirica impegnandosi professionalmente in master classes presso la Baltimore Civic Opera Company.
Muore a Pikesville il 25 maggio 1981
È seppellita nel Druide Ridge Cemetery di Baltimora.
Fortunatamente ci resta una cospicua eredità sonora della sua voce costituta da oltre 150 incisioni in studio, alcune registrazioni provenienti da trasmissioni radio e importanti testimonianze derivanti da alcuni spettacoli in collegamento radiofonico "live" con il Metropolitan.
Nel 1993/4 l’ingegnere del suono Ward Marston ha pubblicato per la “ROMOPHONE” due cofanetti comprendenti le incisioni in studio di Rosa Ponselle effettuate tra il 1923 e il 1929.
ROMOPHONE 81006 – 2 (2 CD) - (ADD 120’ 35’’) - Le incisioni Victor 1923-25
Arie e Duetti di: Verdi, Ponchielli, Meyerbeer – melodie di Tosti, Brahms, De Curtis, Di Capua, Foster, Bishop, ecc. con Giovanni Martinelli (dischi acustici)
ROMOPHONE 81007-2 (2 CD) - (ADD 120’ 26’’) - Le incisioni Victor 1926-29
Arie di Verdi, Spontini, Bellini – melodie di: Tosti, Massenet, Schubert, Rimski-Korsakov, Kahn, Dvorak, Rubinstein. Con Giovanni Martinelli, Ezio Pinza, Marion Telva (incision elettriche).
Sulla vita e Carriera di RosaPonselle sono stati pubblicati alcuni libri, dei quali pubblichiamo quelli rintracciati: